Prossima Napoli
Costruiamo il futuro della nostra città

“Andrà tutto bene” recitavano i cartelli che coloravano i vicoli di Napoli durante il lockdown.

“Andrà tutto bene” ci ripetevano – trent’anni fa – la famiglia, la scuola e la TV: “se studierai, ti realizzerai”.

A volte ci abbiamo creduto, più spesso abbiamo lottato perché da questo Sud – priorità di nessuno e stereotipo per tutti – tagli e privatizzazioni facevano ancora più rabbia.

Ogni autunno sempre meno insegnanti, meno letti negli ospedali e meno corse di treni e autobus. Abbiamo vissuto a cavallo tra i due millenni, tra l’analogico e il digitale, nella transizione permanente. Ai nostri primi passi non c’erano gli smartphone, ma il petrolio aveva già causato la prima delle grandi crisi del nostro tempo. Di Bagnoli conosciamo le macerie dell’Italsider e le promesse di un mare restituito ai cittadini, dello scudetto l’euforia collettiva più che le magie di Maradona. Nelle stesse strade abbiamo camminato tra i cumuli di rifiuti e la folla delle notti bianche.

Siamo napoletane e napoletani, di nascita o acquisiti, migranti o stanziali: oltre che una cosa meravigliosa, crediamo sia una sfida costante. Cresciuti come cittadini del mondo in un continuo viaggiare per studio, lavoro e turismo, siamo ancora imprigionati in una cittadinanza di serie B da ingiustizie secolari.

Siamo la generazione Y, quella della precarietà come stile di vita, la prima più povera dei propri genitori. Raramente facciamo figli, ma, se cediamo al desiderio, ricominciamo dal via come nel più sfiancante gioco dell’oca.

Ci hanno etichettato come bamboccioni, eppure, a Milano, Londra o Parigi ci siamo andati per lavorare o quasi certamente abbiamo pensato di farlo. Per alcuni siamo sempre “i giovani” a cui promettere un cambiamento, per altri quelli che hanno saltato il giro: pazienza, avanti la Next Generation EU.

Negli anni abbiamo creato anticorpi contro razzismo, fascismo, sessismo e qualsiasi altra forma di discriminazione, non rassegnandoci mai a barattare la partecipazione politica con la sopravvivenza o la ricerca della felicità individualeNon lo faremo di certo oggi che ci troviamo ad una cruciale svolta locale nel pieno di una drammatica trasformazione globale.

La pandemia e la crisi che l’accompagna sono l’ultimo terremoto per la nostra generazione; gli sforzi profusi e i progetti futuri si infrangono sul disastro della sanità e dei servizi pubblici. In questo clima di depressione sociale, è Napoli, ancora una volta, a darci una scossa. Esplode, tra critiche e  contraddizioni, e riesce a dire che “no, non va tutto bene”; ci suggerisce che quella che appare una definitiva condanna, può divenire invece un’opportunità di svolta.

C’è un dopo da ri-costruire e, per la prima volta, non sarà segnato da tagli e servizi da ridurre, ma da proposte e programmi di spesa di ingenti risorse pubbliche come quelle del recovery fund. A questo bivio, Napoli arriva stanca, tra cantieri bloccati e servizi carenti, con un enorme debito accumulato e l’incognita delle elezioni della prossima primavera.

Nella sua tragicità, sentiamo che questa è un’occasione per prendere parola, creare uno spazio di partecipazione e lavorare insieme ad una nuova visione della città. Nulla può più essere delegato alla classe dirigente responsabile delle macerie di oggi. Nulla può più essere rimandato a tempi migliori perché ciò che verrà sarà anche nostra responsabilità.

Da dove partire? Innanzitutto da questo noi immenso e frammentato a cui sentiamo di appartenere, ma che non abbiamo la presunzione di interpretare da soli.

Facciamo appello all’energia, alla forza e all’intelligenza collettiva per produrre azioni che rispondano a bisogni reali e trasformare la denuncia sociale in proposta collettiva.

Vogliamo disegnare una città dove siano bandite esclusione e privilegi, dove il lavoro non sia uno slogan e l’istruzione un lusso. Riprogettare lo spazio urbano, mettendo la mobilità, la salute e il diritto alla casa al primo posto. Immaginare nuove filiere di produzione e consumo per dare una vera alternativa ad emigrazione e disoccupazione.

Non sono utopie, ma le tracce di un progetto per Napoli che crediamo di poter costruire con le sensibilità e le esperienze della nostra generazione.  

Per farlo è necessario ripensare il modello di sviluppo attorno a dei principi fondamentali troppo spesso svuotati di senso Ecologia, Circolarità, Cura, Rigenerazione – intervenendo radicalmente su questioni nodali come il trasporto pubblico, la scuola e le politiche culturali, la sanità, le ex aree industriali, il patrimonio pubblico, il Welfare, l’industria turistica.  

Alcuni di questi temi non possono essere risolti nell’autonomia di governo della città, ma richiedono un cambio di rotta nelle politiche nazionali e nel loro rapporto con gli enti locali. D’altronde, nessuno di questi obiettivi può essere raggiunto se non viene affrontata una volta e per tutte la tragica vicenda del bilancio del Comune, sanando le condizioni debitorie pregresse ed abolendo i vincoli alla spesa delle amministrazioni locali imposte dalle politiche europee dell’austerità, ormai abbandonate sul livello nazionale, ma lasciate intatte per i Comuni.

Insomma, sappiamo che non è solo attraverso un processo di creazione e responsabilità collettiva che è possibile riscattare i diritti che ci sono stati sottratti e costruire un destino diverso per la nostra città. Abbiamo bisogno di  tanto coraggio e una grande forza collettiva, dobbiamo dare un nuovo significato alla democrazia in città: fare in modo che le decisioni vengano prese al più basso livello possibile per rispondere ai bisogni dei territori e dei lori abitanti.

Noi ci crediamo. Sentiamo che questo è il momento di rompere gli argini.

Incontriamoci, organizziamo azioni comuni, scriviamo un manifesto per il futuro della nostra città.

Che un mare di ingegno, tenacia e passione bagni la Prossima Napoli!

906 PERSONE

HANNO GIA' FIRMATO
  • Luca Capano

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  • Vincenza Pirozzi

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  • Giuseppe Stabile

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  • Elea Mitrano

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  • Frine carotenuto

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